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lunedì 4 febbraio 2008

RI- Pensando

Cammina tranquillo, lui non va veloce...solo che, avendo le gambe non lunghe come le sue, devo andare svelta per tenere il passo, stare insieme sotto l'ombrello, stretti stretti.
Con le dita intrecciate cerco di non mostrare che per me é una corsa quello che per lui é una passeggiata. Sembra quasi comica la cosa.
Schivo le pozzanghere, salgo e scendo scalini e marciapiedi, la città é tutta intorno, ma sembra che tutto é lì perché noi due possiamo vederlo nel momento in cui passiamo.
Ogni tanto ci blocchiamo.
L'ombrello é stato rovesciato dal vento, lui si ferma, lo scuote un po' per rimetterlo nel verso giusto, si lamenta, vorrebbe sparlare ma si trattiene..forse perché ci sono io.
E' qui che a me viene da ridere mentre me ne sto a guardarlo. Un piccolo spettacolino di varietà. Comicità spontanea pure qui. Forse lui invece é pure arrabbiato per l'ombrello.
Sorrido e riprendiamo a camminare. "Che ridi?"mi fa. "Niente".
Mi guarda un po' interdetto. Non sa se chiedermi di nuovo perché sorridevo o se lasciar perdere.
Adoro quando ha queste indecisioni. Indeciso su cosa pensare di me. Mentre la sua faccia é un punto interrogativo, come quello di un bambino nel fissare un insetto strano, io ostento tranquillità, come se nulla fosse successo.
Tengo la verità per me, sentendomi un po' colpevole, un po' divertita, perché scivolo nel piacere di essere quel qualcosa, in quel momento, che lui non si sa spiegare.
Mi sorrido come fossi allo specchio.

Superiamo dei genitori coi figli mascherati.
Una paperella e un drago trottano aggrappati alle mani degli adulti, guardano fissi a terra le pozzanghere, e affascinati scrutano il mondo sotto impermeabili colorati.
Nonostante la pioggia c'é gente in giro.
Piove a gocce grandi e fredde, ma l'aria é umida e ho caldo.
Roma così sembra una città come tutte le altre, gente che corre, facce brutte, facce tristi.
Siamo arrivati un posto per fare una specie di merenda, che si rivelerà un inizio di cena.
Posto incredibile: cucina siciliana tipica. A Roma. Il massimo.
Con un arancino "spappolato" (come ha detto il ragazzo al bancone: non era riuscito a tagliarcelo in due come si deve), ci rifugiamo sotto un ombrello di plastica aperto, con un tavolino e quattro sedie.
Tutto bagnato, gocciolante, zuppo. Il ragazzo del posto (che é anche bar, che é anche pasticceria, che é anche...) ci passa sopra una pezza asciutta, non molto convincente.
Ci guardiamo in un momento. Entrambi sappiamo che ci bagneremo lo stesso.
Dopo che il ragazzo se n'é andato, lui dà voce al pensiero di entrambi "vabbé...". Non ci interessa se ci sentiremo umidicci dopo, questo non ha importanza.
Siamo seduti, dentro c'é troppa gente. Fantastico su quello che sembrerebbe un nostro privé, escluso agli altri, al resto.
La pioggia ci circonda, siamo salvi lì sotto. Fra sorrisi e cenni di capo di apprezzamento per l'arancino, finiamo di mangiare, prendiamo qualcos'altro e torniamo a casa.
Era solo un tardo pomeriggio, come tanti ma diverso.
Bello, grazie.

1 commento:

Pseo ha detto...

Oh My GoD !!!
sei uno spettacolo... ehehe
ti Adoro!!! smack

un fine settimana stupendo! grazie a te!
quando organizziamo il prossimo? =P